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Liriche
Il cammino con la poesia è iniziato davvero tanto tempo fa e si è concluso quando mi sono reso conto di aver bisogno della complessità. A quel tempo, anni '70, non era certo quello il termine che avrei usato. Allora era il desiderio di avere strumenti in grado di soddisfare le numerose connessioni che intravedevo nel variegato mondo della letteratura.
La poesia è stata il modo più efficace per imparare il respiro del raccontare; modulare la frase, dare il tempo al periodo, sono esperienze per me legate al verso. Sempre più complessi, sempre più contorti. La parola che cercava spazi sempre più ampi, per dare sfogo alla voglia di raccontare.
Non sono un vero poeta, comunque. Mi manca la visione giusta, l'occhio incantato, l'introspezione sfasata tipica di chi fa poesia. Di tutto quello che ho scritto, salvo solo le liriche che ho messo nelle mie due uniche antologie di fine anni '70.

Al di fuori delle raccolte, solo pochi sfogli, come la lirica che segue, datata 1979, dopo la scomparsa prematura di mio padre.

  Lamento di una sera come questa, a vent'anni,
tra amore e morte come se fossero gente che passa per strada
e che, irrimediabilmente, non conosci che di voce.
Quel lamento fatto di rabbia e umiliazione,
di serate finite sul rasoio. Un fine piena di presagi,
pubblicità da basso prezzo, come quella che odi.
   
I
  Stasera il mio uomo è Ulisse, e io insieme a lui;
Ulisse che torna coperto di stelle.
Ulisse partito vestito di stracci e tornato senza che nessuno
lo conosce. Ma saprà farsi valere; per questo è il mio uomo.
In questa sera e solo per questa, sarà il campione dei miei sogni finiti da piccolo.
   
II
  Come potrò incantare il ritmo dei vogatori, con quell'andatura lenta
e il saper muovere l'acqua come una strega che agita
la sua mistura. Come farò a sapere se sarà il ritmo giusto
il mio vogare, se non avrò aiuto al timone da reggere.
C'è una seggiola vota nella mia barca, e di tutte le avventure
quella della solitudine sarà la più pregna di ogni mio umore.
   
III
  Partito da un porto col mio amore sottobraccio, ora m'accorgo:
l'ho perso per strada, l'ho perso per strada!
La ballata di quell'uomo che ha perso il suo amore per strada,
ai tempi d'estate, quando ancora si passeggiava sul mare,
è simile alla mia. La notte era sincera, generosa e calda,
e si poteva pensare a qualsiasi cosa sotto le stelle della spiaggia.
La ballata di quell'uomo che cerca il suo amore tra la nebbia.
Ma non sa che la nebbia è la stessa da quasi vent'anni,
e non c'è buio uguale a quello di chi non vuole vedere.
   
IV
  A volte basta stare distanti per sentire che non mancan carezze,
che la gentilezza non è mai stata presente. E la solitudine
non sa che farsene di un uomo che sogna cose che non può sperare di avere.
Forse tra i villaggi e le stelle, saprò cercare un conforto
prima di essere inghiottito dal buio - il buio che ghermisce vorace
tutte le cose. Che sa fare di ogni pena un'angoscia, che ti accompagna.
Mi sentirò immensamente perduto.
   
V
  Attrardiamoci ancora un poco, fra questi sparuti cespugli e
questo verde che ricorda il passato, prima dell'avventura.
Quando eravamo putti, che gustavamo cadere la neve
e basta, e le candele col loro dolce mistero ci facevano
sognare di notte tutto quello che pensavamo di giorno,
l'avvenire era di tutte le ombre cinesi che il cuscino
e le coperte buttavano terrifiche sul muro.
C'eravamo alla sottana della madre, nella sua fragranza
che ci fermava ogni giorno il pensiero, alla Primavera,
come ora il mio, a queste fronde della vita a succhiarla.
   
VI
  Gli umori della mattina sono così pregni di quella salubre esperienza
che a lungo andare entrano a far parte della tua giornata.
E non sei capace, tu, viaggiatore errante, di capire il senso di una sveglia;
per te tutto è cammino, strade, stelle e l'amore della partenza
ti è rimasto nel sangue quanto un carattere. Quanta gente
saprà vivere com'hai vissuto tu, con la gioia e la noia pari a tante
crepe nel muro, millenarie, che inaspriscono la parete
dimostrandosi sagge nella loro insignificante realtà: vecchie!
   
VII
  Immensamente perduto, in questo vuoto senza uomini e cani,
e stelle che nessuno avrebbe pensato esistessero. E nemmeno tu
sapevi di dover provare la gioia di un'ebriante scoperta
al pari di questa, che non ha rivali. Sarai capace di mantenere
il segreto e di custodirlo cauto? Proverò anche l'angoscia
di non avere niente da dire, mentre il segreto di questa felicità
che cerchiamo, mi rintrona la testa e urla per farsi sentire.
   
VIII
  Il mio campione ha vinto il destino, ed io con lui: non importa
a che prezzo. Sarà certamente stato giusto cambiare, soffrire con lui
tutto quanto era possibile, per poi finalmente vincerla un'altra volta.
Il destino mi è stato vicino, lo sentivo scivolarmi dalle dita
ogni volta che gli andavo vicino. Ma ora so come prenderlo, e ho imparato;
per non far dispiacere bisogna pensare che come te, la gente che ti sta vicino,
non ha né carne né parte, e quando si tratta di affetto ti può tradire solamente
la sensazione di essere solo, tanto come lo si è stato per tutto il viaggio.
Non importa se gli atti ti sommergono di disgusto,
a volte la gente agisce perché è costretta.
   
IX
  Tenera è la notte dove nemmeno un'amante sa esserlo.
E la gente non sa ch'io sono poeta quando ora m'incontra per strada;
la gente non sa nemmeno le mie notti passate,
e forse solo nei miei sogni questa notte è sicura.